Si può applicare il neuromarketing all’informazione farmaceutica? Con quali risultati? Ce lo racconta in questo caso aziendale dedicato al mondo del farmaco Lorena Del Vino, Marketing Analysis Solutions Manager presso la società di ricerca e consulenza SR Labs.
Lorena, una tua breve presentazione per i lettori
Sono una psicologa specializzata in ricerche qualitative e test di tracciamento oculare. Da oltre otto anni lavoro per SR Labs, prima come ricercatrice e specialista di user experience e ora col ruolo di manager. In sostanza, passo il mio tempo tra eye-trecker e test di usabilità da circa una decina d’anni.
Quali sono i problemi che incontrano le case farmaceutiche quando si parla di informazione sui farmaci?
L’informazione farmaceutica è un’attività che consiste in una fase di spiegazione verbale da parte di un professionista, l’informatore farmaceutico, e di lettura da parte del medico di una brochure illustrativa.
Utilizzando le tecniche di neuromarketing, è possibile testare non solo l’efficacia del canovaccio che si dà agli informatori farmaceutici per il loro discorso, ma anche le grafiche e i testi della brochure, oltre all’interazione che inevitabilmente si crea tra spiegazione e documento illustrativo.
Quest’ultimo aspetto è molto importante. Canale visivo e auditivo si completano tra loro e devono essere sincroni, pena la distrazione del medico, che è quello che cerchiamo di evitare.
In laboratorio, i test consistono nello studio con eye-tracker di un campione di medici che leggono una brochure mentre l’informatore scientifico la spiega.
Scendendo nel dettaglio, il tracciamento oculare ci permette di verificare come la spiegazione dell’informatore farmaceutico influenza il percorso visivo che fa il medico sulla brochure, ossia se c’è sincronia tra narrazione e lettura del documento di presentazione.
Esiste infatti una chiara prevalenza del canale uditivo: quello visivo dà troppe informazioni, quindi è la voce del presentatore che guida la lettura del documento. Ricordiamoci che il cervello è un avaro cognitivo che appena può risparmia energia.
Se però la brochure è troppo complessa a livello grafico o testuale, si crea una sorta di effetto distrazione: il medico non segue più il racconto, è come se non sapesse più decidere se dedicare l’attenzione al documento o a chi parla.
Questo fenomeno viene chiaramente evidenziato dall’eye-tracker, che mostra percorsi visivi caotici e che variano da soggetto a soggetto.
L’abilità dell’informatore del farmaco è dunque quella di saper dirigere l’attenzione del medico su quegli elementi che sta illustrando e che devono essere coerenti con la strategia di marketing della casa farmaceutica.
Cosa avete scoperto dai vostri test?

In prima lettura il medico non legge, scannerizza il documento, per cui è importante organizzarlo a livello grafico in modo che sia scansionabile per parole chiave.
I paragrafi brevi e l’organizzazione per liste puntate aumentano notevolmente la leggibilità e la possibilità di elaborazione. Una copy troppo denso crea abbandoni e stanchezza.
Altra cosa importante è sottolineare le parole chiave, che fanno da ancore e guidano l’occhio. Anche la dimensione dei caratteri è importante: quelli in piccolo significano informazione secondarie, che vengono ignorate.
Nell’informazione farmaceutica vanno particolarmente curati i grafici perché alcuni sono molto difficili da comprendere. Le legende, ad esempio, vengono ignorate. In sostanza, un grafico deve essere autoesplicativo, ossia comprensibile senza legende.
Quindi un grafico efficace è quello in cui semplicemente la curva sale o scende?
Esatto, nella prima percezione leggiamo: titolo (per esempio, “pazienti guariti”) e curva che sale (miglioramento) o scende (peggioramento). Tieni anche però conto che questa è la prima lettura, poi il medico andrà ad approfondire.
La prima lettura è però l’impressione che resta al medico: in sostanza, crea un frame su cosa penserà il medico del prodotto.
Sono molto importanti anche le headline: vanno posizionate in modo corretto, la lettura è la percezione di tanti elementi in contemporanea che vanno ben collegati tra loro.
Il titolo non va separato dal contesto: in alcune brochure il titolo era troppo in alto e non veniva associato al contenuto. Stesso problema se ci sono troppe immagini tra titolo e testo.
In sostanza, ogni elemento deve essere in grado di trasferire l’attenzione sull’elemento successivo. Se gli elementi son slegati, questo pattern di lettura viene perso.
Quindi lo schema ideale sarebbe: foto- titolo – testo?
È una buona grammatica, ma tieni conto che poi nella realtà tutto è molto più complesso: la scelta delle immagini e dei vari elementi possono invalidare questa regola, bisogna per forza verificare cosa succede nel caso concreto.
Ad esempio, il medium – la dimensione pagina – condiziona molto la lettura. In A4 verticale le immagini sono forti, per cui andrei su una sequenza immagine- testo. Questo perché negli sviluppi verticali si ricrea il pattern di lettura a F.
Tuttavia, il contesto fa variare di molto l’attenzione, per cui è difficile dare regole universali, i fattori che guidano la percezione sono troppi. Ripeto, bisogna comunque testare ogni volta.
Delle brochure ricche di elementi grafici e claim che ne pensi?
C’è il rischio di avere documenti poco informativi, oltreché dispersivi, anche se a prima vista possono attirare l’attenzione.
Quindi nell’informazione farmaceutica è meglio il minimalismo?
In genere sì, ma tieni conto che quello che conta è lo scopo della comunicazione. Vuoi convertire? Stai sul basic, perché ogni elemento può sviare o introdurre distrazione. Per cui, meglio essere il più semplici possibile. Se invece la comunicazione è rivolta a far conoscere un brand, devi essere più informativo, non devi solo attrarre, ma anche sostenere nel tempo l’attenzione.
Nelle brochure, gli elementi di persuasione sono i riferimenti agli studi, espressi però bene, in modo chiaro e con grafici semplici e riducendo le domande che si fanno al minimo. Poi, molto importanti anche le referenze e la sezione bibliografica espressa nella forma di base dell’articolo scientifico per dare autorità a quello che dici.
Quindi qual è il percorso di lettura del medico?
Visto il brand all’inizio, il medico non lo guarda più, inutile ripeterlo in continuazione. Poi lo sguardo corre al nome del prodotto, al grafico dei risultati e alla bibliografia. Se il nome del prodotto è nuovo, va invece ripetuto perché così viene memorizzato dal medico.
Molto importanti anche le fasi di somministrazione del farmaco, che devono essere esposte in modo graficamente chiaro.
Tieni conto poi che questo vale per la prima lettura della brochure. Poi ce ne è una seconda che non abbiamo testato.
Lo stile ha un’influenza?
Credo che quello formale sia il più adottato, ma non abbiamo fatto studi su questo punto.
Come si gestisce la sincronizzazione tra brochure e presentazione?
Si prepara uno script, un copione da seguire, che deve toccare i punti chiave e deve avere il tempo giusto di percezione. Ad esempio, un grafico richiede più tempo, per cui nella spiegazione dovrò rimarcare le informazioni che voglio veicolare.
Importante anche la lunghezza della spiegazione: se troppo lunga annoia.
Quali sono stati fino ad oggi i risultati dell’applicazione di queste metodologie di neuromarketing all’informazione farmaceutica?
Non abbiamo dati quantitativi dei risultati, ma sappiamo che i nostri suggerimenti sono stati accolti dalle aziende. Capiamo il successo di questa metodologia dal fatto che il cliente ritorna. In pochi casi facciamo degli A/B test e li siamo molto più sicuri, ma non è detto che il cliente li richieda.
Comunque, nei test A/B che abbiamo fatto, i parametri visivi tra il prima e il dopo son molto diversi e l’esito dell’ottimizzazione si vede. I percorsi visivi dei soggetti testati diventano omogenei e lineari, e questo è importante: nell’informazione farmaceutica la lettura non deve essere solo facile, ma anche presentare una comprensione e attenzione tendenzialmente uguale per tutti i medici.

Ringraziamo Lorena Del Vino per avere condiviso con noi questa esperienza.
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