L’applicazione alle copy strategy e alla creazione dei contenuti del neuromarketing potrebbe rivelarsi la formula vincente di questo decennio. Tra le grandi aziende che ne hanno fatto uso troviamo, non a caso, i grandi big come Google, Microsoft ed Apple.
La chiave del successo di questa nuova metodologia sta tutta nelle tecnologie e nei mezzi di indagine che le neuroscienze mettono oggi a disposizione del marketing: si riesce a portarne alla luce le motivazioni e i bisogni più profondi (l’ “insight“, nella terminologia della pubblicità) del consumatore.
Il risultato è che diventa possibile centrare il “benefit” del messaggio pubblicitario sulle reali attese del target di riferimento, ottenendo testi più coinvolgenti a livello emozionale.
Un esempio recente di applicazione del neuro copywriting a una copy strategy è il cambiamento di PayPal da una strategia dei suoi contenuti promozionali improntata sulla sicurezza a una che fa invece leva sulla facilità d’uso.
Il motivo? Utilizzando l’elettroencefalogramma per misurare le reazioni emotive di un campione di utenti in un test di comparazione tra la versione “sicurezza” e quella “facilità” dei testi del sito, si ci è resi conto che le priorità di chi utilizza il servizio sono la velocità e la comodità, e non la protezione del conto corrente.
Mettere alla base della copy strategy le preferenze, i desideri e le paure nascoste
Il neuromarketing contesta l’approccio tradizionale che considera il consumatore un soggetto razionale in cerca della massimizzazione della sua utilità.
Secondo le recenti scoperte sui processi decisionali, siamo tutti condizionati nelle nostre decisioni d’acquisto da dei meccanismi automatici di cui non siamo assolutamente coscienti e che creano delle preferenze nascoste.
Se si riesce a indagare e a comprendere le motivazioni profonde dei consumatori, diventa possibile elaborare delle copy strategy che fanno leva su benefit molto più potenti che il semplice tornaconto utilitarista legato al prodotto.
Leggere nel cervello del consumatore
Le preferenze nascoste sono strettamente legate alle emozioni e non possono sempre essere indagate con le normali indagini di mercato.
Il problema è che le persone a volte rispondono ai questionari in maniera diversa da come realmente sentono, fornendo dati inaffidabili, anche se il processo è spesso involontario.
Per avere dati certi, bisogna invece monitorare le loro reazioni neurologiche mentre vivono un’esperienza, come ad esempio leggere un claim o una telling idea.
La moderna strumentazione neuroscientifica (elettroencefalogramma, risonanza magnetica, tracciamento oculare e delle espressioni del viso) permette invece di raggiungere lo scopo.
Completare il brief con le emozioni e le preferenze implicite dei clienti
Un buon punto di partenza per applicare il neuromarketing alla nostra copy strategy può essere quello di integrare il brief con una descrizione delle emozioni e delle paure più diffuse nel target di riferimento rispetto al problema che il prodotto vuole risolvere.
Il benefit e la reason why andrebbero poi strutturati in modo da essere anche una risposta alle angosce e preferenze nascoste dei potenziali clienti, oltre che la soluzione a un problema pratico.
Si possono anche combinare testi di tipo più razionale a immagini che fanno invece leva sulla parte più profonda della mente, come nella pubblicità seguente:

Il neuromarketing dimostra che siamo attratti dai bambini e dai cuccioli. Inserendo la foto del bambino nell’annuncio, l’agenzia ha raddoppiato l’indice di attenzione del pubblico.
Lavorare sulle emozioni tuttavia non è sufficiente. Una buona agenzia di neuromarketing conduce continuamente test neuroscientifici sia in fase di progettazione della campagna che di verifica.
I test servono a verificare anche che l’attenzione del pubblico cada sugli elementi chiave dello spot, soprattutto sul brand o il nome di marca dell’azienda cliente.
Un altro aspetto importante su cui i test neuroscientifici possono dare utili indicazioni è la memorizzazione dello spot. Ricordiamo che la pubblicità viene fatta spesso non per vendere, ma per far ricordare la marca del prodotto.
Le neuroscienze possono darci una mano anche in questo. L’effetto recency ci ricorda che tendiamo a ricordare gli ultimi elementi di una lista, di un film o, più in generale, di quello che abbiamo visto o letto.
Questo è il motivo per cui il brand viene in genere esposto alla fine di uno spot o di una presentazione.
Neuromarketing e copy strategy: esempi
Il FOMO marketing e i millennial

Un’applicazione interessante del neuromarketing si ha nei messaggi pubblicitari confezionati per i millennial.
Una ricerca condotta da Eventbrite ha dimostrato che circa il 70% dei millenial americani soffre della FOMO (Fear of missing out, la paura di essere tagliati fuori).
La conseguenza è che 7 millenial americani su 10 hanno bisogno di essere continuamente in contatto con gli altri e con quello che fanno.
I pubblicitari di oltre oceano hanno quindi fatto leva su questo bisogno creando copy strategy che fanno leva sulla paura dell’esclusione o sul desiderio di inclusione, seguendo questo schema:
- creazione e condivisione di grandi eventi sui social media (sfruttamento del bisogno di partecipazione);
- offerta limitata dei biglietti per l’evento (scarsità): è il classico strumento per mettere fretta a chi ha paura di essere tagliato fuori.
Un caso emblematico? Il Glastombury Festival attira ogni anno oltre 300.000 persone con una procedura di acquisto dei biglietti complessa e faticosa. Solamente la metà degli aspiranti partecipanti riesce a comprare il biglietto, eppure la domanda aumenta ogni anno.
I titoli per l’ippocampo (hyppocampus headlines)

Le emozioni sono lo strumento principale, ma non l’unico con cui il neuromarketing può sfruttare le scoperte delle neuroscienze per aumentare l’effetto del messaggio pubblicitario.
Un’altra applicazione interessante per chi deve elaborare una copy strategy sono i risultati delle recenti ricerche sull’ippocampo.
Questo minuscolo organo del sistema limbico è fortemente coinvolto nei processi mnemonici, e la memoria gioca un ruolo rilevante nelle decisioni d’acquisto.
Stimolare l’ippocampo con dei giochi di parole che distorcono un detto o un motto può essere una buona idea per far ricordare lo slogan e il prodotto.
In Italia, il pastificio Granoro ha deformato il nome in Gran d’oro per sottolineare l’idea di risparmio in una campagna di qualche anno fa. Altri esempi sono riportati nel nostro articolo dedicato alle hippocampus headlines.
Negli Stati Uniti gli Hippocampus Headlines (titoli che fanno leva sull’ippocampo) vanno alla grande e sono uno degli esempi più popolari di applicazione del neuromarketing alla copy strategy. Qualche esempio:
- “Practice makes perfect” viene trasformato in Practice makes Patron (una marca di Tequila)
- “Home sweet home” diventa home smart home in molti articoli sulla home automation
- FCUK, che richiama la nota parolaccia, è stato usato dal brand di vestiti French Connection
La spiegazione scientifica? Il meccanismo neuronale che viene sfruttato dagli Hippocampus Headlines è quello del contrasto.
Il nostro cervello, mentre legge, fa continuamente comparazioni e predice anche le parole che si aspetta di trovare. Se nota una discrepanza tra aspettativa e realtà, si attiva immediatamente e passa a un livello di attenzione/allerta ( c.d. effetto sorpresa).
Copy strategy, neuromarketing e verifica sperimentale
Nella pubblicità tradizionale, la copy startegy viene testata con metodi come i focus group; nel neuromarketing si studia invece l’attività cerebrale dei membri del campione prescelto utilizzando strumenti come la risonanza magnetica, il tracciamento oculare e l’elettroencefalogramma.
Il principio di base è che quello che veramente conta è la risposta cerebrale. Dall’attivazione di determinate aree (piacere, dolore, ricompensa, etc) si riesce a capire quali sono le emozioni e le motivazioni reali evocate dai testi pubblicitari e dalle immagini scelte per la nostra campagna.
Quest’approccio può rendere l’applicazione delle neuroscienze al marketing più costoso dei metodi tradizionali. Per questo motivo fino ad oggi solamente le grandi aziende si sono cimentante nell’applicazione del neuromarketing alla copy strategy e, più in generale, alle campagne pubblicitarie.
Sull’altro lato della bilancia, c’è il crescente successo delle metodologie di neuro copywriting e la crescita della loro applicazione, oltreché del fatturato delle aziende che ne vendono i servizi.
Questo non sorprende: “L’obiettivo del marketing è conoscere e comprendere così bene il consumatore affinché il prodotto o il servizio si adatti a lui come un guanto e possa vendersi da solo” (P.Drucker) . E applicando il neuromarketing alle nostre copy startegy, si ci potrebbe anche riuscire.
Per avere degli esempi di campagne pubblicitarie dove sono stati impiegate le tecnologie e metodologie del neuromarketing, ti consiglio di leggere il mio post su neuromarketing e pubblicità.
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Fonti usate nell’articolo:
- Esempi di copy strategy in cui si applicano tecniche di neuromakreting e neuro copywriting
- Sito dell’agenzia dm2agency (esempio della foto del bambino)
Per approfondire: