Food copywriting: i suggerimenti delle neuroscienze per copywriter, blogger e scrittori

Secondo la rivista Milionarie, in Italia ci sono circa 2.500 food blogger, mentre l’industria alimentare italiana è il primo settore nazionale per fatturato (dati Istat).

Questi due dati sono sufficienti per comprendere l’importanza del food copywriting per il nostro paese, e, più in generale, della comunicazione legata al cibo.

Per fortuna, oltre a un settore food and beverage di assoluto rispetto l’Italia possiede anche ottimi centri di eccellenza che studiano e migliorano continuamente non solo i vini e le pietanze, ma anche gli aspetti promozionali e comunicativi che ci ruotano intorno.

Fra questi possiamo sicuramente annoverare il Behavior & Brain Lab dello IULM, facente capo a Vincenzo Russo, esperto mondiale di psicologia dei consumi e neuromarketing e pioniere nell’applicazione delle neuroscienze al complesso mondo del cibo.

Vincenzo è anche autore di diverse pubblicazioni, tra cui: Neuroscienze a tavola – I segreti del cervello per avere successo nella ristorazione (Guerini editore), che sono vere e proprie miniere di consigli e spunti per chi scrive di cibo o si occupa di food copywriting.

La presentazione di un piatto ne può alterare il gusto

Scendendo nel terreno concreto, cosa possono insegnarci le neuroscienze su vini e cibi? Il primo punto è l’enorme effetto che ha la presentazione di un piatto, al punto tale di alterarne la percezione stessa del gusto.

Alcuni studi hanno infatti dimostrato che variando le parole delle descrizioni si varia la percezione del sapore delle vivande. “Torta salata alle zucchine della nonna” viene percepita come più buona del semplice: “torta alle zucchine”. (Wansink 2005).

Dopotutto, i sapori sono solo cinque. Quello che fa la differenza è quel complesso di stimoli preliminari, presenti e successivi che tutti assieme creano l’esperienza utente, dagli arredi del ristorante ai testi del menu. E le parole rivestono in questo contesto un ruolo cruciale.

Venendo agli altri esempi, le espressioni francesi usate per presentare un piatto nobilitano sia il piatto che il menu (pensate alla differenza tra “au chocolat” e “with chocolate”), mentre quelle italiane tendono a far percepire più di qualità il piatto, al punto di alterare le scelte dei clienti.

Più di recente (Shankar, 2009), è stato dimostrato che mettere in etichetta: “dark” rende il cioccolato più intenso come gusto, mentre “milk” meno intenso.

Nel food copywriting, cerchiamo quindi di prestare sempre la massima attenzione alle presentazioni dei piatti, arricchendole con aggettivi qualificativi e sensoriali e adeguate espressioni descrittive.

Food copywriting e paese di origine

Indicare il paese di origine di un cibo ha una forte influenza sui consumatori, ad esempio sembra che i prodotti di paesi considerati poco evoluti vengano maggiormente disprezzati. I paesi con fama di bontà come Italia e Francia maggiormente apprezzati.

La prova? In un test, gli inglesi percepivano come più buona la pasta con nomi italiani (Meiselman e Bell, 1993).

Questo fenomeno è ovviamente legato a quello che potremmo definire brand nazionale. Colleghiamo cioè automaticamente alcuni paesi a delle qualità, per cui scrivere: “autentica ricetta messicana” richiama subito alla mente piccante, peperoncino, sole e colori.

A livello pratico, possiamo utilizzare i pregiudizi associati al paese di origine nell’introduzione di una ricetta per richiamarne immediatamente gli elementi qualificanti, l’energia, i sapori.

Le parole coinvolgono anche quando si parla di cibo

Lacey ha dimostrato come la scelta di una parola e di una frase possa avere effetto sul coinvolgimento emozionale del consumatore (2012).

Nel caso di specie, la frase “il cantante ha una voce gradevole” è meno efficace della frase: “il cantante ha una voce di velluto”, perché nel secondo caso vengono coinvolte anche le aree cerebrali legate al tatto.

Il potere delle parole non si ferma però ai soli aggettivi sensoriali. Uno studio degli anni ’60 dimostra che l’uso dell’espressione cibo spaziale aumentava la fiducia e la percezione di qualità dei clienti USA, in un periodo in cui la NASA godeva di forte prestigio per i suoi viaggi.

Anche la scelta dell’indicazione degli ingredienti nell’etichetta può alterare la percezione del gusto. Ad esempio, scrivere che c’è il gelsomino fa percepire più intenso il profumo del prodotto (Gonzales, 2006) probabilmente perché si ha una attivazione non solo delle aree linguistiche, ma anche di quelle legate all’odore.

Nel food copywriting queste scoperte possono essere facilmente sfruttate in modo quasi intuitivo: basta trasformare l’arida lista degli ingredienti in una vivace e piacevole narrazione che anticipa l’esperienza sensoriale vera e propria.

Il priming nel food copywriting

Priming semantico: è il fenomeno per cui l’esposizione a un gruppo di parole può cambiare la percezione degli stimoli successivi e quindi le azioni e le scelte delle persone.  

Chartrand, Huber e Shiv (2005) hanno dimostrato che l’esposizione preliminare a parole legate all’economia e al risparmio portava i soggetti a scegliere scarpe economiche, quella a parole legate alla moda scarpe di marca.

Strategie di questo genere possono essere usate anche nel food. Attenzione quindi a cosa scriviamo nelle descrizioni degli antipasti, e, in generale, a cosa mostriamo per primo, perché possono influenzare la percezione dei piatti.

Infine, ricordiamoci la strategia di umanizzare il prodotto raccontandone la storia, ad esempio spiegando come si è arrivati alla scelta di determinati ingredienti in una ricetta. Il nostro cervello è assetato di spiegazioni e nessi causali, e un buon storytelling è sicuramente un approccio vincente per soddisfarlo.

Bene, ora che hai acquisito le basi del food copywriting, secondo te, funziona di più: “magra al 25%” o “grasso al 25%”?

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Per approfondire: Il Neuromarketing nel food and wine

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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