Perché i form non convertono (nonostante il buon design e la buona UX)

I form non convertono, anche se sono lo strumento più utilizzato dai marketer per raccogliere i contatti dei potenziali clienti o per concludere una vendita.

Ce lo dicono le statistiche: secondo i dati raccolti da WPForms, il popolare plugin di WordPress, ben l’81% degli utenti ha abbandonato un form dopo avere iniziato a completarlo; dato ancora più grave, circa l’80% dei clienti ha chiuso sul più bello la pagina carrello durante un acquisto online

Per il 67% degli utenti, l’abbandono sarà definitivo se hanno incontrato anche il minimo problema nel compilare il form, mentre un 30% ritorna a compilare il form se sollecitati in qualche modo, ad esempio via e-mail.

Questi numeri ci dicono che i form sono autentici killer in termini di conversioni.

Eppure, circa la metà degli operatori confessa di confidare ancora su questo strumento per raggiungere gli obbiettivi di vendita.

UX e form: cosa non funziona nei form

Da un po’ di tempo si è passati dai form agli UX form: l’idea è migliorare l’esperienza utente su questi popolari strumenti di contatto al fine di incrementarne le conversioni.

L’aspetto più interessante di questo nuovo trend è che tramite i test di UX si è potuto raccogliere una discreta mole di dati e così comprendere alcune ragioni che stanno dietro ai comportamenti di abbandono degli utenti.

Sempre secondo WPForms, i principali motivi per cui gli utenti abbandonano la compilazione di un form sarebbero:

  • Tipo di dispositivo: i tassi di abbandono su mobile sono molto più alti che su desktop
  • Lunghezza dei form: è sconsigliabile superare i 5 campi di lunghezza, l’ideale è 3 campi
  • Paure legate alla sicurezza
  • Richiesta di sottoscrivere qualcosa (ad esempio una newsletter) durante il procedimento di invio del form
  • Richiesta del numero di telefono
  • Utilizzo dei menu a discesa
  • Uso di form a due colonne, che creano confusione
  • Richiesta di creare un profilo
  • Casella CAPTCHA

Molti di questi inconvenienti possono essere corretti migliorando la progettazione dei form.

Tuttavia, WPForms ha rilevato un dato ancora più interessante, ossia il successo dei form strutturati come una conversazione.

In questo secondo tipo di form la raccolta dei dati avviene ponendo una domanda alla volta, passo dopo passo. Ebbene, in questo caso il tasso di successo schizza a uno sbalorditivo 300% in più di conversioni!

Certo, il procedimento è più semplice, ma la tendenza del cervello umano verso la semplicità e la facilità non è una spiegazione sufficiente. Per comprendere la ragione del successo di questo secondo tipo di form, dobbiamo fare un confronto con le chatbots.

Form contro chatbots: tutto il potere delle conversazioni

Anche i form strutturati come una conversazione impallidiscono di fronte alle chatbots. Infatti, quest’ultima soluzione offre i migliori risultati in quanto a conversioni, con indici di performance della marketing automation che arrivano al 400% in più.

Il punto da comprendere non è quindi una migliore UX form, ma la preferenza umana per le conversazioni. D’altro canto, è dagli albori del mercato che preferiamo parlare direttamente a un commesso piuttosto che riempire noiosi formulari.

Questa caratteristica della nostra specie è alla base di quello che ormai gli esperti chiamano conversation marketing e dell’adozione crescente delle chatbots da parte di siti e portali web.

Socrate conversava con i suoi allievi per educarli alla filosofia. Ogni buon marketer dovrebbe prenderne esempio, preferendo la luminosa via del dialogo all’arida e fastidiosa pratica burocratica della raccolta dei dati tramite i formulari.

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Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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