Nel mondo del marketing di oggi, siamo bombardati da messaggi che urlano “Compra ora!”, “Offerta limitata!” e “Solo 3 pezzi rimasti!”. Ma siamo sicuri che questa sia l’unica strada, o la migliore?
Pensate agli albori della pubblicità. Brand come Coca-Cola non vi imploravano di comprare subito. Vi vendevano un’emozione: appartenenza, felicità, freschezza. Vi facevano “sentire” qualcosa attraverso lo storytelling.
Dopo anni di ricerca nel campo delle neuroscienze e del neuromarketing, si è ormai capito che questi due approcci di marketing – quello basato sullo storytelling e quello basato sui prezzi – parlano a due sistemi molto diversi nel nostro cervello. Ignorare questa distinzione significa perdere un’enorme opportunità.
Costruire il brand con lo storytelling
Quando si tratta di costruire un brand usando lo storytelling, il nostro cervello attiva aree specifiche che ci permettono di creare connessioni profonde e durature. Vediamo quali:
Ippocampo e corteccia paraippocampale: Queste strutture sono i pilastri della memoria e delle associazioni. Creano un’esperienza coesa e integrata del brand, trasformandolo da un semplice prodotto a un ricordo significativo.
Corteccia paracingolata e dlPFC (corteccia prefrontale dorsolaterale): Sono fondamentali per allineare le storie con la nostra identità e i nostri valori, oltre che per la pianificazione delle decisioni. È qui che i grandi brand si guadagnano un posto nel nostro mondo mentale. Non li conosciamo solo, li sentiamo.
Questo è il gioco del branding. È creare una narrazione, far provare qualcosa, spingere a investire in una relazione, in una fiducia che si costruisce nel tempo.
Momenti di Conversione: L’Impulso del “Qui e Ora”
Dall’altra parte dello spettro, quando il focus è sulla conversione immediata, entra in gioco una parte diversa del cervello: lo striato.
Questa area è principalmente guidata dalla dopamina. Si tratta di motivazione, desiderio, urgenza e ricompensa.
Non si preoccupa della vostra storia, dei vostri valori o del vostro legame emotivo con il brand. Non c’è coinvolgimento cosciente. Vuole azione, e la vuole subito.
Pensateci in questo modo: il brand è l’amico fidato che ricordate con affetto; la conversione è l’acquisto d’impulso alla cassa del supermercato. Entrambi hanno il loro posto, ma funzionano in modi radicalmente diversi.
Cosa fare?
Comprendere questa distinzione neuroscientifica è cruciale per la tua strategia di marketing. Ecco alcuni punti chiave da considerare:
- Costruisci prima di spingere: Non affrettarti a vendere prima di aver guadagnato attenzione e rilevanza emotiva. Un brand solido crea un terreno fertile per le conversioni future.
- Segmenta in base alla mentalità: Sappi a che punto del percorso si trova il tuo pubblico. La consapevolezza del brand non è lo stesso dell’intenzione di acquisto. I messaggi devono essere calibrati di conseguenza.
- Progetta per la memoria o per l’azione, ma non per entrambi contemporaneamente: Incollare una CTA aggressiva su una storia emotiva confonde il cervello. Lascia che ogni messaggio faccia il suo lavoro in modo efficace.
- Usa le neuroscienze per testare ciò che funziona davvero: Metriche come il CTR (Click-Through Rate) non ti diranno cosa sta succedendo nel cervello del tuo pubblico. Strumenti avanzati di neuromarketing possono misurare sia la memoria che la motivazione, fornendo insight preziosi per decisioni creative migliori.
In definitiva, un marketing efficace non è solo una questione di cosa dici, ma di come il cervello lo elabora. Capire questa dinamica ti darà un vantaggio competitivo inestimabile.
E tu, come bilanci la costruzione del brand e le strategie di conversione nel tuo marketing? Condividi le tue riflessioni nei commenti!
Questo articolo è un riassunto e una libera rielaborazione del post (in inglese) del professor
Thomas Zoëga Ramsøy, Brand building or conversion in the brain?
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