Come fa il nostro cervello a trasformare le nostre esperienze in ricordi duraturi? E quali sono le implicazioni per lo storytelling? Secondo le neuroscienze cognitive, la formazione dei ricordi è un processo complesso che si articola in diverse fasi:
- Codifica: Quando viviamo un’esperienza, il nostro cervello inizia a codificare le informazioni sensoriali, emotive e contestuali. Questa fase è cruciale per la creazione di un nuovo ricordo.
- Consolidamento: Durante il sonno, il cervello consolida i ricordi appena formati, rafforzando le connessioni neurali e trasferendo le informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine.
- Immagazzinamento: I ricordi consolidati vengono immagazzinati in diverse regioni del cervello, a seconda del tipo di informazione.
- Richiamo: Quando vogliamo ricordare qualcosa, il cervello attiva le reti neurali associate a quel ricordo, permettendoci di recuperarlo dalla memoria.
Il ruolo delle emozioni e del sonno nella formazione dei ricordi
Un ruolo cruciale nella formazione dei ricordi viene svolto dalle emozioni. Esperienze cariche di emozioni, sia positive che negative, tendono a essere memorizzate in modo più vivido e duraturo.
Lo dimostrano i ricordi flashbulb: si tratta di ricordi particolarmente vividi e dettagliati di eventi emotivamente significativi, come un attentato terroristico o la morte di una persona cara. Questi ricordi sono spesso associati a un’alta carica emotiva e vengono ricordati per molto tempo.
Perché le emozioni sono così importanti per la memoria? Tra i motivi più rilevanti sono da citare:
- Valutazione dell’importanza: Le emozioni ci aiutano a valutare l’importanza di un’esperienza e a decidere quali informazioni meritano di essere memorizzate.
- Consolidamento dei ricordi: Le emozioni potenziano il processo di consolidamento, rendendo i ricordi più resistenti all’oblio.
- Richiamo dei ricordi: Le emozioni possono fungere da “ancore” per il richiamo dei ricordi. Quando proviamo un’emozione simile a quella associata a un ricordo, è più facile recuperarlo dalla memoria.
Scendendo a livello neuronale, le emozioni attivano una serie di meccanismi cerebrali che potenziano la codifica e il consolidamento dei ricordi. Ricordiamo:
L’amigdala: Questa regione del cervello, coinvolta nelle risposte emotive, gioca un ruolo fondamentale nella formazione dei ricordi emotivi. Quando viviamo un’esperienza emotivamente intensa, l’amigdala si attiva e rafforza le connessioni sinaptiche nell’ippocampo, la regione deputata alla formazione dei ricordi.
Gli ormoni dello stress: Durante situazioni stressanti, il nostro corpo rilascia ormoni come il cortisolo e l’adrenalina. Questi ormoni aumentano la plasticità sinaptica, rendendo il cervello più ricettivo alla formazione di nuovi ricordi.
Un altro ingrediente fondamentale da considerare è il sonno: studi recenti hanno dimostrato che durante il sonno profondo, le onde lente cerebrali favoriscono il trasferimento delle informazioni dalla regione dell’ippocampo, deputata alla memoria a breve termine, alla neocorteccia, dove si forma la memoria a lungo termine.
Il ruolo dell’ippocampo e della corteccia entorinale
Un team di ricercatori del MIT ha sviluppato un nuovo modello computazionale che approfondisce i meccanismi alla base della formazione dei ricordi episodici, ovvero quei ricordi che associano un evento a un luogo e a un momento preciso.
Il modello si basa sull’attività di due tipi di cellule cerebrali: le cellule di posizione dell’ippocampo e le cellule della griglia nella corteccia entorinale. Queste cellule lavorano insieme per creare una sorta di “mappa neurale” che ci permette di localizzare spazialmente i ricordi.
Questo nuovo modello spiega:
- Come il cervello crea associazioni tra eventi e luoghi: Le cellule di posizione e le cellule della griglia collaborano per creare un’impalcatura neurale che collega i ricordi complessi.
- Come i ricordi possono degradarsi nel tempo: Il modello prevede un graduale declino della memoria, simile a quello osservato nell’uomo.
- Come il cervello può memorizzare nuove informazioni senza dimenticare quelle vecchie: Il modello dimostra come il cervello possa creare nuovi “puntatori” per accedere ai ricordi, senza sovrascrivere quelli esistenti.
- Il ruolo delle emozioni: i “puntatori” sembrano valorizzare particolarmente le esperienze significativo a livello percettivo, ossia emozionalmente più intense.
Cultura e formazione dei ricordi
Anche la cultura, intesa come insieme di valori, credenze, tradizioni e pratiche condivise da un gruppo sociale, esercita una profonda influenza sulla nostra memoria. La cultura fornisce infatti una lente attraverso cui interpretiamo il mondo e le nostre esperienze, influenzando ciò che ricordiamo e come lo ricordiamo.
I principali strumenti attraverso cui la cultura agisce sono i seguenti:
- Schemi culturali: ci aiutano a organizzare e interpretare le informazioni. Questi schemi influenzano il modo in cui codifichiamo, immagazziniamo e recuperiamo i ricordi.
- Linguaggio: le parole che utilizziamo per descrivere un’esperienza influenzano il modo in cui la ricordiamo e la condividiamo con gli altri.
- Miti e leggende: le storie, i miti e le leggende di una cultura trasmettono valori, credenze e conoscenze da una generazione all’altra, plasmando la memoria collettiva.
- Riti e cerimonie: sono spesso legati a eventi importanti e traumi collettivi. Questi eventi vengono tramandati attraverso le generazioni, contribuendo a formare l’identità culturale.
Facciamo qualche esempio concreto. La memoria storica di una nazione è influenzata da eventi come guerre, rivoluzioni e catastrofi naturali. Questi eventi vengono ricordati e tramandati attraverso monumenti, celebrazioni e narrazioni.
Un ruolo ancora più importante lo gioca la memoria familiare. Le storie di famiglia, i ricordi condivisi e le tradizioni familiari influenzano profondamente la nostra identità e la nostra percezione del mondo, ma, soprattutto, come agiamo e reagiamo ai fatti della vita.
Infine, la memoria culturale: La cultura popolare, i media e l’educazione influenzano il modo in cui ricordiamo eventi importanti, personaggi storici e fatti scientifici.
La ricerca non solo scientifica, ma anche filosofica ha ormai da tempo messo in evidenza i motivi per cui il nesso memoria – cultura è fondamentale per noi umani. I motivi principali possono essere riassunti nei punti seguenti:
- Senso di appartenenza: la memoria culturale ci fornisce un senso di appartenenza a un gruppo sociale e ci aiuta a definire la nostra identità.
- Trasmissione di conoscenze: la cultura ci permette di trasmettere conoscenze e competenze da una generazione all’altra.
- Preservazione dell’identità: la memoria culturale ci aiuta a preservare la nostra identità e a resistere ai cambiamenti sociali.
Implicazioni per lo storytelling
Comprendere i meccanismi alla base della formazione della memoria apre nuove prospettive per lo storytelling e consente di comprenderne alcuni meccanismi che stanno alla base del suo successo come strumento di comunicazione.
Un elemento centrale è indubbiamente il ruolo svolto dalle emozioni, ossia del pathos come lo definiva la retorica antica, nelle narrazioni: se volgiamo ottenere narrazioni non solo coinvolgenti, ma anche memorabili, cioè destinate a essere ricordate, ricorrere a delle leve emozionali è inevitabile.
Lo dimostra l’ampio utilizzo delle paure individuali e collettive in qualsiasi forma di comunicazione politica e il successo delle campagne di comunicazione a forte caratterizzazione emotiva come quelle di Nike o del grande Oliviero Toscani.
Ma il discorso non si ferma qui. Provate a pensare cosa potrebbe succedere a cancellare o alterare i ricordi di una persona, tecnologia ormai alla portata degli umani: come cambierebbe il nostro storytelling interno, e quindi il nostro senso di identità?
Possiamo averne una idea salendo al livello collettivo: cancellare, rimuovere o riformulare i fatti storici è una pratica di storytelling sfruttata dall’inizio dei tempi e che porta alle varie forme di cancel culture, negazionismo, revisionismo che dir si voglia.
Esse mirano a effettuare operazioni complesse che vanno alla ridefinizione dell’identità collettiva di gruppi, popoli o nazioni, alla legittimazione o delegittimazione di avversari e alleati, alla giustificazione di cambiamenti di rotta o di indirizzo politico, e via di seguito.
In ogni caso, questi fenomeni dimostrano – sia a livello individuale che collettivo – il ruolo cruciale svolto dalle narrazioni e dallo storytelling nella costruzione del significato del mondo e del senso di realtà sia a livello individuale che collettivo.
In conclusione, la ricerca sulla memoria ci offre una finestra non solo sul funzionamento del nostro cervello ma anche sull’importanza delle narrazioni. Comprendere come si formano, si consolidano e si richiamano i ricordi ci permette di apprezzare ancora di più il ruolo dello storytelling e di approfondirne l’uso, gli strumenti e l’importanza nella comunicazione.
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