Come il cervello capisce ciò che è reale e le implicazioni per lo storytelling

Nel mondo della comunicazione comprendere come la mente umana elabora le informazioni è fondamentale. Le recenti scoperte neuroscientifiche sul modo in cui il nostro cervello distingue tra realtà e fantasia offrono intuizioni preziose, aprendo nuove frontiere per creare narrazioni più coinvolgenti e persuasive.

Quando immaginiamo qualcosa, ad esempio una mela rossa, il nostro cervello attiva in parte le stesse aree corticali (visive, olfattive, gustative) che si attiverebbero se stessimo percependo una mela reale. Questa sovrapposizione è cruciale: è ciò che rende le nostre fantasie così vivide e “reali” per noi. Tuttavia, l’intensità di questa attivazione è generalmente più debole durante l’immaginazione rispetto alla percezione reale.

Una regione cerebrale chiave nel distinguere tra input esterni e interni è il giro fusiforme, situato nel lobo temporale. Durante l’immaginazione, l’attività in quest’area è calibrata per segnalare che l’esperienza è generata internamente.

La corteccia prefrontale, in particolare la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC), agisce invece come una sorta di “direttore d’orchestra”, monitorando e modulando l’attività in altre aree cerebrali. Questa regione è fondamentale per il “reality monitoring”, ovvero il processo di attribuire un’esperienza alla realtà esterna o a una fonte interna (pensiero, sogno, immaginazione).

In sintesi, il cervello non ha un interruttore binario “reale/non reale”. Piuttosto, valuta le caratteristiche di un ricordo o di un’esperienza (ad esempio, vividezza sensoriale, dettagli contestuali, coerenza logica, emozioni associate) per determinarne la fonte. Le esperienze reali tendono ad avere più dettagli sensoriali, un contesto più coerente e un maggiore senso di “accaduto”. Le fantasie, pur potendo essere vivide, spesso mancano di alcuni di questi marcatori.

La dopamina, un neurotrasmettitore associato alla ricompensa e alla motivazione, è anch’essa implicata. Livelli alterati di dopamina possono influenzare la nostra capacità di distinguere tra ciò che è percepito e ciò che è immaginato, come si osserva in alcune condizioni psicotiche.

Implicazioni e Applicazioni per lo Storytelling

Queste scoperte non sono solo affascinanti dal punto di vista scientifico, ma offrono utili consigli per chiunque crei narrazioni.

Creare esperienze immersive e vivide

Per rendere una storia “reale” nella mente del pubblico, è essenziale fornire innanzitutto dettagli sensoriali ricchi e variegati: non solo cosa si vede, ma cosa si sente, si odora, si tocca e si gusta. Un prodotto non è solo “bello”, ma ha una texture “vellutata” e un profumo “inebriante”.

Poi, l’importanza delle emozioni, che sono potentissime ancore per la memoria e per la percezione della realtà. Storie che evocano emozioni forti (gioia, paura, sorpresa, curiosità) attivano circuiti cerebrali più ampi, rendendo l’esperienza più memorabile e “vera” a livello esperienziale.

Terzo, il realismo.Lo storytelling efficace ci porta a vivere una situazione “come se” fosse reale. Questa simulazione mentale, in cui il cervello attiva le stesse aree della percezione reale, può creare un senso di familiarità e di esperienza pregressa con un prodotto, un servizio o un’idea, anche se è puramente immaginata. Questo è il fondamento della pubblicità evocativa.

Infine, uno storyteller può “piantare” memorie immaginate nel cervello del pubblico, legate a un brand o un concetto. Se queste memorie sono sufficientemente vivide e dettagliate, possono influenzare le decisioni future, perché il cervello potrebbe processarle come esperienze reali. Questo è particolarmente potente nel digital marketing, dove le esperienze simulate (es. tour virtuali, configuratori di prodotto) possono prefigurare la realtà.

Reale o simulato?

Le tecnologie immersive come la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR) sono l’esempio più lampante di come possiamo “ingannare” il cervello a percepire come reale ciò che è digitale. Per gli storyteller, questo significa la possibilità di costruire mondi e narrazioni in cui il confine tra fantasia e realtà si assottiglia, aumentando l’engagement e l’impatto emotivo. Il segreto è mantenere un equilibrio: l’illusione deve essere convincente ma non inquietante.

Utilizzare diverse piattaforme (video, testo, podcast, social media) per raccontare segmenti di una storia può rafforzare la percezione di “realtà” della narrazione. Ogni pezzo aggiunge dettagli sensoriali e contestuali che il cervello assembla, rendendo l’esperienza complessiva più robusta e multidimensionale.

L’Etica della Persuasione

Comprendere questi meccanismi impone una responsabilità etica. Manipolare la percezione della realtà è un potere enorme. Per gli esperti di comunicazione, è cruciale usare queste conoscenze per creare contenuti onesti, trasparenti e a valore aggiunto, evitando tecniche che possano deliberatamente confondere o ingannare il pubblico.

In conclusione, il cervello umano è un narratore straordinario, capace di costruire mondi sia reali che immaginari con una complessità sorprendente. Per gli storyteller e i marketer, questa conoscenza è una risorsa inestimabile.

Sfruttando i meccanismi neuroscientifici alla base della distinzione tra realtà e fantasia, possiamo non solo raccontare storie, ma creare esperienze che risuonino profondamente con il pubblico, guidando la percezione, l’emozione e, in ultima analisi, l’azione. Il futuro dello storytelling risiede nella capacità di padroneggiare questo sottile, ma potentissimo, confine.

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Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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