Pubblicità e sesso: quando l’eros non attrae

Sesso e pubblicità è da sempre un binomio classico. Eppure, secondo uno studio pubblicato nella prestigiosa rivista americana sull’International American Journal of Advertising nel 2017, il nudo avrebbe un effetto zero sulle vendite e la pubblicità erotica si rivelerebbe un sostanziale fallimento.

I dati raccolti dai ricercatori parlano chiaro: mentre una buona percentuale degli intervistati si ricorda della pubblicità per l’immagine della modella, quasi nessuno memorizza il brand che si vuole reclamizzare. In sostanza, la pubblicità erotica regalerebbe pornografia, piuttosto che attirare l’attenzione su un brand o un prodotto.

La ricerca ha inoltre mostrato una differenza significativa tra uomini e donne, nel senso che i primi valutano la pubblicità erotica più positivamente, anche se non ci ricollegano necessariamente un comportamento d’acquisto; le donne si mostrano invece decisamente più irritate dall’utilizzo del nudo femminile.

Un aspetto interessante della ricerca è che abbraccia 48 campagne dal 1969, ossia quasi mezzo secolo.  In conclusione, l’inefficacia del nudo in spot e cartelloni è qualcosa che avrebbe dovuto essere notata già da tempo, non è una novità di questi anni.

In pubblicità, sesso e nudo sono utilizzati da sempre in modo massiccio. L’idea alla base è quella di farsi notare. Del resto, in un mondo mediatico sempre più affollato e fitto di messaggio, urlare è a volte l’unico modo di attirare l’attenzione sul brand e il prodotto.

Le ricerche di neuromarketing applicato alla pubblicità sembrano però contraddire questo assunto. Gli studi sembrano confermare i risultati della ricerca, cioè che il pubblico viene attratto dal sesso e non dal prodotto. Questo però non ne fa desistere dal’uso in pubblicità.

Anche se la maggioranza dei pubblicitari sono probabilmente ormai coscienti che cosce e sederi difficilmente attirano quello che viene chiamato dagli psicologi l’attenzione centrale, la speranza è infatti che in qualche modo venga attivata l’attenzione periferica, in sostanza che il brand, che resta sullo sfondo e notato per così dire con la coda dell’occhio, venga comunque memorizzato, se non altro per l’effetto classico della forza dell’esposizione continua al messaggio.

I dati raccolti sembrerebbero però negare qualsiasi ruolo anche all’attenzione periferica. Non è del resto un caso che l’impressione sia di un lento diminuire dell’utilizzo del nudo in pubblicità e l’emergere di forme e trovate creative basate sull’utilizzo di altri strumenti.

Se l’utilità del sesso in pubblicità è bassa per non dire nulla, in compenso il rischio del suo uso è sempre più alto: negli ultimi anni il pubblico sembra sempre più sensibile alle tematiche di sfruttamento del corpo delle donne, con possibili ricadute negative sul brand e sul prodotto stesso.

In conclusione, anche se si viene ricordati, sembrerebbe da questa ricerca che l’uso del nudo non  lasci necessariamente una buona memoria. Forse è ora, anche per i pubblicitari, di trovare nuove strategie per attirare l’attenzione.

La ricerca è pubblicata anche sulla versione online dell’American Journal of Advertising. La coppia è scaricabile a pagamento.

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Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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