Come il cervello distingue tra volere e piacere e le implicazioni per la comunicazione

Nel linguaggio comune, termini come emozione, sentimento, volere, piacere e desiderio sono spesso usati in modo interscambiabile. Tuttavia, le neuroscienze ci offrono una lente di ingrandimento ben più precisa, rivelando che il nostro cervello utilizza due sistemi cerebrali distinti per “volere” qualcosa (il wanting) e per l’esperienza del “piacere” una volta ottenuto l’oggetto di desiderio. (il liking).

Comprendere questa distinzione non è un mero esercizio accademico; ha implicazioni profonde per la comunicazione, il marketing, il design e la leadership, aiutandoci a progettare esperienze che non solo catturino l’attenzione, ma generino anche soddisfazione duratura.

Il Sistema del “volere” (wanting): la spinta e il desiderio

Il “volere” è il sistema della motivazione incentivante, della spinta al raggiungimento e dell’anticipazione della ricompensa. È ciò che ci spinge a cercare, a lottare per ottenere qualcosa.

Non sempre lavora a livello conscio (esempio: “voglio un caffè”): contrariamente alla percezione comune, il “volere” può operare anche a livello inconscio o automatico. La nostra mente può essere inondata da un’improvvisa voglia innescata da un segnale ambientale (un odore, un logo, una notifica) senza che ne siamo pienamente consapevoli dell’origine o della sua immediata intrusività.

Pensiamo alla “tirannia” del nostro smartphone: l’impulso di controllare le notifiche spesso precede qualsiasi vera soddisfazione derivante dall’azione stessa.

Il sistema wanting è costantemente in modalità di vigilanza e valutazione. Scansiona l’ambiente per segnali che prevedono ricompense o opportunità. Attribuisce una salienza motivazionale agli stimoli, rendendoli “importanti” e degni di attenzione. È come un radar interno che segnala le opportunità e ci orienta verso di esse.

Il protagonista indiscusso del “wanting” è la dopamina. Lungi dall’essere il “neurotrasmettitore del piacere” come spesso viene erroneamente etichettata, la dopamina è il neurotrasmettitore della ricompensa attesa, dell’incentivo e della motivazione.

I circuiti neurali che maggiormente la interessano originano principalmente nell’area tegmentale ventrale (VTA) e proiettano verso le gangli della base (in particolare il nucleo accumbens), la corteccia prefrontale e altre aree cruciali per l’apprendimento associativo (quello che ci fa capire cosa ci aspetta) e per la trasformazione delle previsioni in azioni. La dopamina ci rende affamati, curiosi e determinati.

Il Sistema del “piacere” (Liking): la soddisfazione edonica

Il “piacere” è l’esperienza soggettiva e cosciente di gratificazione, il gusto edonico di qualcosa. È ciò che proviamo quando finalmente sorseggiamo il nostro caffè preferito.

L’esperienza del piacere elabora la natura edonica dello stimolo in modo diverso dal “wanting”, concentrandosi sulle proprietà intrinseche e sul valore percepito del momento presente. Mentre il “wanting” è proiettato verso il futuro e l’ottenimento, il “liking” è radicato nel momento presente dell’esperienza. È la valutazione sensoriale e affettiva di ciò che si sta vivendo.

Il sistema del “liking” è principalmente mediato dagli oppioidi endogeni (endorfine ed encefaline) che agiscono su specifiche “hotspot edonici” nel cervello, come aree all’interno del nucleo accumbens, del pallido ventrale e del nucleo parabrachiale nel tronco cerebrale.

Queste regioni, quando attivate dagli oppioidi, generano l’esperienza del piacere puro. La corteccia orbitofrontale gioca un ruolo cruciale nell’integrare le informazioni sensoriali e affettive per formare il giudizio consapevole del piacere e del valore edonico di uno stimolo.

Le implicazioni per la comunicazione

È fondamentale sottolineare che, sebbene distinti, i sistemi del “wanting” e del “liking” non operano in isolamento ma interagiscono dinamicamente. Il “wanting” ci spinge a cercare ricompense; il “liking” convalida l’efficacia di quella ricerca e rinforza i comportamenti che portano al piacere. Un’esperienza veramente gratificante e che genera fedeltà coinvolge entrambi i sistemi.

Per la comunicazione, questo significa non confondere attenzione con soddisfazione. Catturare l’attenzione o generare engagement (spesso guidato dal “wanting”) non equivale a generare soddisfazione o lealtà (il “liking”). Un titolo sensazionalistico o un’offerta lampo possono innescare il “wanting”, ma se il prodotto o il servizio non mantiene la promessa di piacere, la relazione si spezza.

In sostanza, bisogna comunicare a entrambi i sistemi. Ma come?

Per il “Wanting”: la comunicazione deve creare desiderio, anticipazione e senso di urgenza. Questo si ottiene evidenziando i benefici attesi, risolvendo problemi (creando un “deficit” che il prodotto può colmare), usando elementi di scarsità, novità o opportunità limitate nel tempo. Esempi: “Scopri il futuro”, “Non perdere questa occasione unica”, “Sblocca il tuo potenziale”. Si punta alla motivazione all’azione.

Per il “Liking”: la comunicazione deve evocare l’esperienza del piacere, la gratificazione e la soddisfazione post-consumo. Questo si ottiene usando un linguaggio sensoriale vivido, testimonianze che descrivano l’emozione positiva, enfatizzando la facilità d’uso, il comfort, l’appagamento. Esempi: “Assapora ogni istante”, “Vivi un comfort ineguagliabile”, “Senti la gioia di…”. Si punta alla costruzione di un legame emotivo duraturo.

Fedeltà di brand e sistema liking

Le “spinte” o nudges comportamentali, spesso efficaci nel guidare azioni immediate, agiscono prevalentemente sul sistema del “wanting”. Possono ottenere click o acquisti impulsivi. Tuttavia, per costruire la lealtà a lungo termine, la ripetizione dell’acquisto o la raccomandazione del passaparola, è indispensabile che l’esperienza del “liking” sia forte e coerente. Un cliente sarà fedele non solo perché è spinto a comprare, ma perché ama ciò che acquista, ha cioè imparato, tramite il sistema di rewarding, che quella cosa gli piace.

Comprendere questi sistemi impone una responsabilità etica. Manipolare il “wanting” senza fornire un “liking” genuino può portare a frustrazione e cinismo. Una comunicazione efficace e responsabile mira a soddisfare entrambi i bisogni, guidando all’azione e premiando con il piacere autentico.

In sintesi, la prossima volta che progettate una campagna, un’interfaccia utente o una strategia di leadership, chiedetevi: “Stiamo solo innescando il ‘volere’, o stiamo anche garantendo il ‘piacere’?”. Solo bilanciando questi due pilastri neuroscientifici potremo costruire connessioni significative e risultati duraturi.

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla newsletter per ricevere contenuti simili. Oppure, leggi il mio ultimo libro, Neuroscienze della narrazione.

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.