Parole da evitare in comunicazione e pubblicità: la negazione

La negazione – in particolare il famigerato “non” – è da tempo considerata una parola da evitare in comunicazione e in pubblicità, o almeno da guardare con forte sospetto.

Il motivo starebbe nell’inutilità delle negazioni in molti frasi e contesti (il cervello umano non le percepirebbe) o nel rischio di ottenere un effetto addirittura opposto a quello che si desidera, come nella celebre frase: “Non guardare all’elefante” (secondo voi cosa succede?).

In conclusione, la negazione sarebbe dannosa o inutile, come quando viene combinata all’avverbio: “mai”; frasi del tipo: “La città che non si ferma mai”, assai comuni in pubblicità, andrebbero dunque riformulate in maniera positiva per risultare più facilmente intellegibili e pregnanti (esempio: “La città che si muove sempre”).

Secondo la PNL, le negazioni sono parole da evitare

Gli studiosi di PNL hanno svolto approfondite riflessioni sulle espressioni negative, non solamente quelle in cui appare l’avverbio: “non”, ma tutte quelle introdotte da espressioni come: “tuttavia, sebbene, però, anche se”.

Secondo la PNL, Il cervello di chi ascolta salterebbe la prima parte della frase, quella col messaggio positivo, per soffermarsi sulla seconda parte, quella col messaggio a valenza negativa.

In sostanza, l’affermazione: “Sei bravo, ma potresti fare di più”, suonerebbero come una critica, in quanto il cervello umano si focalizza sulla parte terminale della frase che finisce per veicolare una emozione negativa.

Meglio invece sarebbe dire qualcosa del tipo: “Sei bravo e diventerai bravissimo”, che trasmette invece una idea di incoraggiamento e speranza.

La negazione in comunicazione afferma

George Lakoff, linguista cognitivista che ha esplorato e anticipato alcuni temi trattati oggi dalle neuroscienze come la metafora e l’importanza della corporeità nei processi mentali, ha dedicato addirittura un libro alla tematica della negazione in comunicazione.

In “Non pensare all’elefante!”, l’autore dimostra che ordinare di non fare qualcosa è il modo migliore per richiamarlo all’attenzione di chi riceve l’ordine. Altrimenti, come fate ad eseguirlo?

Ad esempio, dire di non mangiare cibo spazzatura significa necessariamente fare venire in mente immagini succulente di patatine fritte, pizza supercalorica o hamburger e farne ovviamente venire la voglia.

Questo spiega il problema di molte pubblicità progresso: il divieto rischia di essere più controproducente dell’affermazione, perché il richiamo di qualcosa di proibito significa in qualche modo reclamizzarlo.

Conclusione: in comunicazione, la negazione afferma.

Le scoperte neuroscientifiche sulle negazioni linguistiche

Recentemente, le negazioni sono state oggetto di studi di neurolinguistica, tra l’altro anche in Italia, presso l’istituto scientifico dell’ospedale San Raffaele di Milano.

Il quadro che ne sta uscendo sembra ridiscutere alcune conclusioni degli studiosi di PNL.

Un primo risultato è che le negazioni linguistiche attivano comunque il cervello, al punto da rendere chiaramente distinguibile se l’encefalo sta processando sentenze affermative o negative (Marta Ghio, Karolin Haegert, Matilde M. Vaghi and Marco Tettamanti, 2018).

Questa scoperta sembrerebbe in contrasto con l’idea che il cervello non percepisca la negazione e che addirittura la salti per concentrarsi su quello che segue.

Studi ancora più recenti (Papeo e Vega, 2020) contestano l’idea che la negazione sia più faticosa da processare a livello neuronale.

Sembra confermato invece che in qualche modo abbiano un effetto deprimente, in quanto vengono reclutate le aree cerebrali per l’inibizione della risposta e ridotte quelle relative al concetto, parola o affermazione negata.

Dunque, via libera a divieti, negazioni e avversative? Troppo presto per dirlo, anche perché alcune intuizioni della PNL sembrano in via di conferma. Nell’attesa di ulteriori evidenze scientifiche, continuiamo con le frasi affermative.

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Per approfondire:

Marta Ghio, Karolin Haegert, Matilde M. Vaghi e Marco Tettamanti, Sentential negation of abstract and concrete conceptual categories: a brain decoding multivariate pattern analysis study, 2018

Liuba Papeo e Mariel De Vega, The Neurobiology of Lexical and Sentential Negation, 2020, in: The Oxford Handbook of Negation, a cura di V. Déprez e M. Teresa Espinal

Manuel de Vega, Yurena Morera, Inmaculada León, David Beltrán, Pilar Casado, and Manuel Martín-Loeches, Sentential Negation Might Share Neurophysiological Mechanisms with Action Inhibition. Evidence from Frontal Theta Rhythm, 2016

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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