Un esempio di ottimizzazione dei testi con l’eye-tracker

Quando si parla di testi per il sito web, capita spesso di creare dei contenuti che pensiamo adatti all’utente quando invece questo cerca informazioni completamente diverse. Per questo motivo è fondamentale includere anche le copy nei test di usabilità.

Il case study che segue mi è stato fornito dai ricercatori Andrea Ciceri e Giulia Songa della società SenseCatch di Como. L’ho scelto proprio perché particolarmente adatto a dimostrare l’utilità di alcuni strumenti di neuromarketing come l’eye-tracker, tecnologia capace di tracciare il comportamento visivo, nello studio dell’esperienza utente sui contenuti scritti e le copy del sito web aziendale.

L’azienda e il campione di utenti testato

Il cliente è una società che produce cosmetici. Si rivolge a SenseCatch per comprendere, tra l’altro, se i contenuti del sito sono realmente funzionali ai bisogni dei clienti.

I test sono stati svolti su un campione di 30 persone, 70% donne interessate all’acquisto di cosmetici, di età media sui 40 anni, con capacità di reddito medio-alta, italiani. La metodologia impiegata è quella dei test di usabilità descritti da Nielsen Norman Group.

Ricordiamo che in questo modo è possibile raccogliere dati qualitativi usando dei campioni molto ristretti e comunque inferiori a quanto richiesto per gli studi statistici quantitativi, poiché i principali problemi di usabilità vengono individuati già dai primi 3-5 partecipanti (Lewis, 1994; Nielsen & Landaler, 1993; Virzi, 1992)..

Svolgimento del test

Il test si è svolto in tre fasi:

Si è cercato di comprendere lo scenario di acquisto attraverso un’intervista per comprendere come le persone cerchino i prodotti cosmetici di interesse e le informazioni più rilevanti nel processo decisionale.

Nella seconda fase, è stato svolto il test di usabilità vero e proprio, assegnando 4 compiti da svolgere sul sito e misurando con un dispositivo eye-tracker attenzione e comportamento visivo dei partecipanti mentre interagivano con il sito. 3) Nella terza fase si è proceduto ad approfondire il percepito dei partecipanti con un’ultima batteria di domande per comprendere più in dettaglio:

  • l’impressione generale trasmessa dal sito ai partecipanti al test
  • la memorizzazione del brand
  • la soddisfazione complessiva
  • l’impressione creata dalle grafiche
  • l’esaustività dei contenuti testuali e visivi forniti
  • alcuni aspetti particolari relativi ai pulsanti e ai contenitori.

I task da compiere erano i seguenti:

  • navigazione libera sul sito per 2 minuti
  • inserire un codice sconto e procedere al pagamento
  • individuare 3 prodotti per un regalo in 5 minuti
  • individuare uno specifico prodotto sul sito

Risultati

L’analisi con l’eye-tracker evidenziava per prima cosa che i partecipanti al test perdevano molto tempo sulle categorie dei prodotti e vi passavano più volte lo sguardo senza accedere alle sezioni.

Questo è indice di confusione: in sostanza, l’utente non sa che categoria scegliere e dove trovare quello che cerca.

Il suggerimento che se ne ricava è creare delle categorie specifiche più intuitive e più in linea con quello che l’utente si aspetterebbe, e di inserire il campo per la ricerca libera, assente nel sito..

Un secondo aspetto problematico che è emerso dall’analisi con eye-tracker è che gli utenti non leggono i testi che descrivono la “mission” dell’azienda, le schede infatti vengono aperte, ma poi lette molto sommariamente. Problema analogo è stato rilevato sulle copy presenti in una pagina del sito dei box: “perché sceglierci – Il nostro segreto”.

Questo tipo di comportamento è in genere indice di disinteresse. Poiché le persone accedono all’area ma poi abbandonano subito la lettura, il consiglio è accorciare i testi e modificare le copy utilizzando leve o testi più interessanti e accattivanti.

Infine, anche se i partecipanti al test vedevano la foto di alcuni flaconi dei prodotti, non leggevano le 3 informazioni ritenute principali dall’azienda. Anche in questo caso si è dunque verificato una discordanza tra ciò che l’azienda ritiene utile e quello che invece cercano effettivamente i lettori del sito.

Chiarito che i testi e l’organizzazione dei menù del sito non sono in linea con la ricerca dell’utente, si è proceduto ad ulteriori indagini con il test di profondità tramite domande aperte, ad esempio:

Cosa ha trovato particolarmente piacevole? Lo descriva

Cosa NON ha trovato particolarmente piacevole? Lo descriva

Si sono verificati problemi o incomprensioni durante la navigazione? Li descriva

Quali suggerimenti darebbe per migliorare l’usabilità dell’interfaccia, anche facendo riferimento alla sua esperienza con altri siti simili?

Che idea si è fatta dei contenuti informativi?

(se ricorda) descriva nel dettaglio le proprietà/vantaggi che garantisce

Si è così confermato quanto già osservato con l’eye-tracker e raccolto i primi elementi per proporre una riscrittura di copy, testi e descrizioni che sia maggiormente in grado di veicolare i contenuti che effettivamente il lettore cerca.

Conclusioni

La metodologia combina aspetti classici dei test di UX (il questionario) con uno strumento tipico del neuromarketing, l’eye-tracker.

In questo modo diventa possibile non solo individuare i problemi, ma anche formulare delle indicazioni su come risolverli.

Questo è particolarmente vero per i siti web dove le informazioni fornite giocano un ruolo importante nella decisione di acquisto e dove bisogna dunque essere sicuri di fornire al lettore quello che sta cercando.

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Riferimenti bibliografici:

Nielsen, J. & Landauer, T.K. (1993).  A mathematical model of the finding of usability problems.  In Proceedings of ACM INTERCHI’93 Conference (Amsterdam, Netherlands: ACM Press), pp. 206-213.

Lewis, J.R. (1994). Sample sizes for usability studies: Additional considerations. Human Factors, 36, 368-378.

Virzi, R.A. (1992). Refining the test phase of usability evaluation: How many subjects is enough? Human Factors, 34, 457-468.

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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