Rinforzo intermittente e algoritmi

C’è un modo per gli algoritmi di influenzare i comportamenti degli utenti e si chiama rinforzo intermittente. Almeno, secondo Gerd Gigerenzer, psicologo, esperto di euristiche e direttore dell’Harding center for Risk Literacy presso l’università di Potsdam.

Vero appassionato di processi decisionali, bias ed algoritmi, Gerd ha dedicato a queste tematiche diversi libri e lavori di divulgazione, tra cui l’ultimo (2023): “Perché l’intelligenza umana batte ancora gli algoritmi”.

Il suo lavoro si distingue per lo sforzo di vedere non solamente i vantaggi, ma anche i rischi che l’utilizzo massivo del digitale comporta.

Il pericolo maggiore resta indubbiamente la possibilità di creare vere e proprie armi di persuasione di massa, con tutti i rischi ad esse connessi. E il rinforzo intermittente è, secondo Gerd, lo strumento principale con cui gli algoritmi ci influenzano quotidianamente.

Come funziona il rinforzo intermittente? A differenza del condizionamento pavloviano classico, il rinforzo viene ripetuto senza una logica apparente, in modo da creare una sorta di effetto di attesa in chi lo subisce (“quando arriverà il mio premio?”) che lo rende diabolicamente efficace.

In sostanza, sapete che un rinforzo arriverà, ma non sapete né come né quando. Credo basta questo per inondare il vostro cervello di dopamina e tenervi incollati al minuscolo schermo del vostro cellulare, a una slot machine o alla pagina degli investimenti in trepidante attesa.

Tra chi ne fa ampio utilizzo troviamo, ovviamente, i sociali. Del resto, si dice che Facebook sia stato progettato apposta per fare spendere agli utenti la maggior parte del loro tempo e della loro attenzione. Ma il discorso vale anche per le altre piattaforme.

Il rinforzo intermittente è uno strumento molto valido per ottenere comportamenti che durano nel tempo. Per questo motivo può diventare un’arma particolarmente insidiosa se messa in mano a persone che desiderano condizionarci, soprattutto perché opera in maniera automatica e inconsapevole.

Sono queste le ragioni che dovrebbero spingerci, almeno per Gerd, a rivendicare un maggior controllo sulla progettazione degli algoritmi e sul loro utilizzo.

Non si tratta ormai più di un gioco, ma di qualcosa che sta diventando troppo serio e troppo pervasivo della nostra vita e libertà per essere lasciato al cieco governo delle pure forze di mercato.

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Gerd Gigerenzer, Perché l’intelligenza umana batte ancora gli algoritmi, Raffaele Cortina, Milano, 2023

Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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