Ridurre la distanza psicologica per aumentare le conversioni

Nel difficile e altamente competitivo mercato online di oggi non c’è marca che non debba affrontare la sfida di attirare e convertire i potenziali clienti.  La spesa in pubblicità, purtroppo, è di poco aiuto: anche se si riesce ad attirare più persone sul sito, convincerle effettivamente a fare acquisti è tutta un’altra storia.

La teoria della distanza psicologica rientra tra le ultime armi messe a disposizione delle aziende dalla psicologia per ottenere un aumento delle conversioni di siti web, e-commerce e piattaforme. È uno dei tanti strumenti che possiamo utilizzare per ottimizzare il nostro sito o piattaforma web.

Cos’è la distanza psicologica?

Ma cosa ci insegna concretamente questa teoria? Cominciamo dalla nozione di: “distanza psicologica”. Con questo termine si vuole indicare quanto una situazione ci riguarda o ci coinvolga.

Se un fenomeno è percepito a noi psicologicamente vicino, ciò significa che soggettivamente lo riteniamo importante, anche fosse nella realtà a migliaia di chilometri di distanza. Se invece lo percepiamo come lontano, il nostro coinvolgimento emotivo sarà basso.

E come si declina la distanza psicologica nel marketing? Per comprendere come la distanza psicologica influenza i potenziali acquirenti di un prodotto pensate alla differenza che c’è tra poter toccare la merce, come al mercato o in negozio, e poterla solamente guardare, che è quello che avviene online.

In sintesi, una distanza psicologica minore consente al consumatore di concentrarsi concretamente su un prodotto o servizio, fornendo un’idea chiara e tangibile di ciò che si sta per ottenere. Quando la distanza è vicina, il consumatore non si limita a vedere il prodotto, lo sperimenta. Da questa esperienza più immersiva nascono anche maggiori conversioni e acquisti.

La distanza psicologica negli e-commerce e piattaforme digitali

Nel web, purtroppo, una volta che i clienti vedono il prodotto ci sono ancora degli ostacoli da superare per convertire quella visualizzazione in un’esperienza e quindi in acquisto. In sostanza, la distanza psicologica resta ancora troppo elevata.

La prima barriera è la vasta gamma di opzioni che rende il prodotto più difficile da trovare. L’incredibile varietà di forme, colori e linee tra loro simili che compongono l’enorme offerta di prodotti disponibili oggi in rete rendono la confusione tra le diverse marche molto facile.

Unilever ha affrontato questo problema sviluppando il Cambridge Standard for Mobile Ready Hero Images, che ha dimostrato di essere efficace per rendere più riconoscibili marchio, formato, variante e dimensioni. Per ridurre completamente la distanza psicologica, il consiglio è quello di comunicare non solo le caratteristiche fisiche del prodotto, ma anche l’esperienza desiderata.

L’esempio di Qoo10: l’importanza delle immagini

Per mettere in pratica la teoria della distanza psicologica, la piattaforma digitale del sud-est asiatico Qoo10 ha condotto uno studio replicando l’ambiente di shopping mobile della piattaforma e simulando acquisti con 1.779 acquirenti mobili.

Sono stati cambiate le immagini di cinque marchi diversi per rappresentare diversi livelli di distanza psicologica. I risultati sono stati notevoli in termini di click-through e tassi di aggiunta al carrello.

Questo dimostra che investire nella qualità dell’immagine nel senso di rendere lo storytelling visivo non solo più bello esteticamente, ma anche più funzionale, immersivo e descrittivo può portare a un notevole miglioramento delle vendite.

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Autore: Marco La Rosa

Sono un web content writer, web designer e esperto di SEO e UX design. Ho scritto il libro Neurocopywriting, edito da Hoepli, dedicato all'applicazione delle neuroscienze alla comunicazione.

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